Amazzonia in fiamme e il problema della deforestazione

Emergenza climatica: il mondo brucia. Dopo gli incendi eccezionali del Circolo Polare Artico (Siberia, Alaska, Canada e Groenlandia), ora tocca all’Amazzonia, “polmone verde” del Pianeta. Le cause?la mano dell’uomo, deforestazione, riscaldamento globale, politica.

amazzonia burn
mack2happy via Getty Images
San Paolo, ore 16. I fari accesi delle auto per contrastare alla scarsa visibilità. Foto: Associated Press/AP

Da pochi giorni la notizia ha fatto il giro del mondo, nonostante l’Amazzonia brucia ininterrottamente da oltre tre settimane e soltanto ieri il presidente Bolsonaro – dopo i richiami dai vertici del G7, Macron in primis – pare si sia interessato alla questione promettendo l’invio dell’esercito per domare le fiamme.

Ambientalisti, organizzazioni umanitarie e cittadini, da tempo raccontavano i pericoli della nuova politica sorta in Brasile: il taglio dei fondi per la salvaguardia della foresta era una mano tesa per quelle aziende, agricoltori, allevatori che vedono nella deforestazione un guadagno economico.

La notizia si è diffusa rapidamente, solo dopo che la città di San Paolo si è oscurata. In pieno giorno, la metropoli è stata invasa da una coltre di fumo nero che ha completamente coperto il cielo. Effetto notte. Ma al posto del cinema, della sala regia, delle comparse, delle luci di scena, c’è la vita reale fatta di uomini e  donne, di strade e palazzi.

Ma perché è così importante l’Amazzonia?


Polmone verde della Terra

La Foresta Amazzonica è la foresta pluviale più grande del mondo. Non a caso è considerata il “polmone verde” dell’Umanità. La quantità di ossigeno prodotta è pari al 20 % di tutto l’ossigeno presente in atmosfera. Ciò vuol dire che 1/5 dell’ossigeno che respiriamo proviene da lì.

Ha un ruolo cruciale per l’equilibrio del Pianeta e per la gran parte – ben il 65% – si trova in Brasile. È in grado di catturare miliardi di tonnellate di CO2 ed è la casa naturale della maggiore biodiversità di flora e fauna del pianeta. Ospita una straordinaria varietà di specie. Qui vive il 10% di tutte le specie animali e vegetali conosciute. (fonte: WWF)

Ospita inoltre più di 300 popolazioni indigene che vivono dei suoi frutti e legno e terra.

amazzonia mappa map


La deforestazione

Lo sfruttamento intensivo dell’Amazzonia è cominciato nella seconda metà dell’Ottocento ed è proseguito a fasi alterne fino a oggi. Fino ad oggi, più di 1/5 dell’intera foresta è andato perduto. Ma è negli ultimi anni ed in particolare nell’ultimo decennio, che è cominciata la folle corsa al disboscamento. Per motivi economici. In parte, per l’elevato valore di mercato del pregiato legname esotico (ebano, mogano,ipè…), in parte per far spazio a nuovi campi liberi per il pascolo del bestiame e la coltivazione della soia in primis (il Brasile è il maggior esportatore al mondo di soia).

deforestazione foresta amazzonica

Le macchie rosse sulla mappa evidenziano le aree di foresta perdute: finora è stato perso ben 1/5 dell’intera foresta pluviale. Solo l’80% è sopravvissuto ai giorni nostri. Ma il ritmo di deforestazione non accenna a diminuire, anzi, dopo un periodo di trend in discesa, nell’ultimo anno è tornato a salire vertiginosamente. (Rapporto Greenpeace sulla deforestazione)


I dati Ufficiali: INPE e NOOA

Secondo i dati del satellite AQUA della NASA, elaborati e presentati ad agosto dall’Istituto Nazionale per la Ricerca Spaziale (INPE), il tasso di deforestazione è aumentato del 67% nei primi sette mesi del 2019. Dall’inizio dell’anno ad oggi nella Foresta Amazzonica sono stati registrati circa 79mila incendi, l’82 percento in più rispetto allo stesso periodo del 2018.

Nel solo mese di luglio sono andati distrutti oltre 2.250 chilometri quadrati di foresta: nel luglio dello scorso anno erano 597 i km di foresta perduti. Una crescita del 278%.

Il presidente Jair Bolsonaro ha preso le distanze, tentando di screditare i dati giudicandoli falsi e “lesivi dell’immagine del Brasile.” Ed ha prontamente sollevato dal suo incarico il capo dell’INPE, Ricardo Magnus Osório Galvão, accusato da Bolsonaro di “aver manipolato i dati” sul tema.

E la stagione secca è solo all’inizio. Settembre è storicamente il mese che vanta il maggior numero di incendi. (fonte INPE)

foresta amazzonica numero incendi

Se paragonati con le serie storiche di dati INPE, a partire dal 2013, si evince come effettivamente il 2019 sia finora l’anno nero dell’Amazzonia brasiliana. A piccola distanza dal 2016.

Ma, se guardiamo i dati INPE nel loro insieme rispetto a tutto il Sudamerica, vediamo come il Brasile non sia l’unico Stato a vedere incrementata la percentuale di incendi nell’ultimo anno.

Il Guyana, la Bolivia, il Perù ed il Suriname vantano il maggior incremento di incendi rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Dovremmo avere la stessa attenzione se non maggiore verso questi paesi. Ma ciò non deve ridimensionare l’importanza della questione brasiliana che possiede ben il 65% della Foresta Amazzonica.


Il riscaldamento globale

La foresta pluviale è considerata per sua natura immune agli incendi spontanei. La forte umidità che la caratterizza ha da sempre costituito una protezione.

Il NOAA, l’Agenzia federale statunitense che si occupa anche di clima, spiega però che le ondate di siccità stanno colpendo la foresta sempre più spesso, privandola di quel “tetto” che trattiene l’umidità. Queste, sono “collegate a un aumento della deforestazione nella regione e al cambiamento climatico innescato dall’uomo”.

Deforestazione, cambiamenti climatici, opera dell’uomo. E la politica che fa?


Le mappe dal satellite

Esiste un’applicazione: la Global Forest Watch (GFW), sviluppata dal World Resources Institute (WRI) , messa a punto per monitorare lo stato delle foreste del pianeta in tempo quasi reale. Compresa la Foresta Amazzonica. Lo strumento si basa sull’elaborazione dei dati raccolti dallo strumento MODIS dei satelliti “Terra” e “Aqua” della NASA.

Cliccando su questo link si può osservare la drammatica situazione in corso sulla Foresta Amazzonica, ma scorrendo i vari comandi si può arrivare a scorgere incendi in tutto il mondo, Italia compresa.


Il ruolo della politica

La politica può fare molto. Catastrofi, eventi naturali, riscaldamento globale, incendi. Sembrerebbero tutti eventi fatali, che accadono e basta. La politica può fare molto. Può influenzare l’opinione pubblica su determinati temi, sensibilizzare i cuori delle persone, indirizzare soldi e forza lavoro verso un determinato obiettivo. Che può essere la salvaguardia della foresta Amazzonica, o indifferenza verso l’ambiente.

Negli ultimi anni, la situazione incendi è stata notevolmente ridimensionata. Un po’ per l’attenzione internazionale che vede nella Foresta Amazzonica una risorsa preziosa per il futuro dell’umanità, un po’ per la sensibilità crescente della polis locale.

2018 – oggi: la politica di Bolsonaro

Bolsonaro, inizialmente getta le responsabilità del fenomeno in seno alle ONG, accusate di voler infangare la sua reputazione e spodestarlo dal governo del paese. Da quando è stato eletto Presidente, infatti, ha tagliato i fondi sia alle associazioni ecologiste, che ai gruppi di ricerca scientifica, incentivando di fatto lo sfruttamento e la deforestazione dell’Amazzonia.

Poi, Bolsonaro, incalzato dai giornalisti, ritratta: “non sto dicendo che le ong sono responsabili degli incendi, sto dicendo che qui c’è un reato da combattere” ma “esiste un interesse delle ong, che rappresentano interessi diversi da quelli del Brasile”, perché “noi abbiamo gli abbiamo tolto molti soldi: dei fondi che venivano da fuori, il 40% andava a loro, e ora non ce l’hanno più. E abbiamo messo fine anche ai contributi pagati con fondi pubblici”.

Sicuramente, l’aver tagliato i fondi, rappresenta di fatto una mossa volta a depotenziare il controllo sulla Foresta Amazzonica. E di fatto aver incentivato l’illegalità. Circa l’80 di un legno pregiato come l’Ipe brasiliano esportato viene infatti estratto in maniera illegale. (fonte: Greenpeace)

La deforestazione unita al surriscaldamento globale e alla stagione secca, sono condizioni ideali per la propagazione dei fuochi. Con buona pace di agricoltori e allevatori di bestiame che troveranno nuove terre libere per trarre nuovi profitti.

Di chi sono le colpe?

Probabilmente sono da associare a più fattori. Da una parte il surriscaldamento terrestre, con una tra le estati più calde di sempre, e la deforestazione crescente che hanno creato le condizioni favorevoli per gli incendi. Dall’altra una politica poco attenta alle questioni ambientali che, se non evitare, poteva almeno limitare la portata del fenomeno intervenendo tempestivamente. Per la prima siamo tutti responsabili, con le nostre azioni quotidiane (automobili, riscaldamento, rifiuti, energia), dall’altra lo è il presidente Bolsonaro che, se non carnefice, è almeno complice.

foresta amazzonica in fiamme


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Pubblicato da eco_logico

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